L'imperfetto narrativo

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L'imperfetto narrativo

By Maria Antonietta Ricagno | Published  02/17/2012 | Italian | Recommendation:RateSecARateSecARateSecARateSecIRateSecI
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Quicklink: http://mlt.proz.com/doc/3506
Author:
Maria Antonietta Ricagno
Spain
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L'imperfetto indicativo viene comunemente e quasi all'unanimità definito come il tempo che esprime la durata o la frequente ripetizione di un'azione nel passato. In quanto tempo passato, possiede un valore deittico che gli consente di stabilire un momento di riferimento in cui l'azione in qualche modo si sta svolgendo. Inoltre, la distanza esistente tra M.E. (Momento dell'Enunciato) ed M.A. (Momento dell'Avvenimento) è resa dall'imperfetto in modo abbastanza libero, indicando sia situazioni molto lontane sia molto recenti.
A questa definizione di base è possibile affiancarne numerose altre. L'imperfetto può esprimere lo svolgersi di azioni parallele e simultanee:
- Tu guardavi il film, ma (mentre) io leggevo.
che sottolinea una contemporaneità nel passato caratteristica specifica di questo tempo verbale.
Una delle peculiarità più comunemente attribuite all'imperfetto è quella di essere il tempo delle descrizioni, e infatti basta prestare attenzione ai tempi verbali utilizzati nei racconti, nei romanzi o in qualsiasi breve narrazione:
- Il sole era andato sotto: le cose diventavano tutte d'un colore. (Manzoni)
L'imperfetto, in quanto tempo descrittivo, si usa per esprimere circostanze secondarie accessorie al fatto principale narrato. In genere, quindi, esprime circostanze accessorie a corredo di un fatto:
- Poiché eravamo curiosi di conoscere il risultato della partita, accendemmo la radio.
Dal momento che l'imperfetto esprime un'azione che si svolge nel passato, resta un tempo relativo, che implica cioè un riferimento costante a un'azione perfettiva passata:
- Il curato vide qualcosa che non s'aspettava (...) due uomini stavano l'uno dirimpetto all'altro... (Manzoni)
Oltre ai tratti temporali dell'imperfetto, bisogna prestare attenzione anche ai valori aspettuali di questo tempo verbale.
Innanzitutto, è utile specificare cosa si intenda esattamente per aspetto: esso è la proprietà che definisce la durata nel tempo di un'azione. Ad esempio, in italiano l'aspetto del verbo viene definito dalla costruzione della frase e dal tempo usato oppure da verbi o avverbi aggiunti a chiarimento del concetto:
- Quando ho fame, mi preparo un panino.
Tra i caratteri aspettuali più universalmente riconosciuti dell'imperfetto vi sono la duratività e interattività:
- Ogni volta che giocava, perdeva.
L'imperfetto ha, inoltre, un'accezione progressiva, che troviamo spesso in frasi del tipo:
- Allo squillare del telefono, Piero leggeva il giornale.
 nella quale non è importante specificare se il soggetto abbia continuato o meno l'azione. La progressività (interpretando 'leggeva' come 'stava leggendo') si realizza tramite la presenza di enunciati tipo: 'allo squillare del telefono', 'quando entrai', ecc.
In assenza di essi, l'azione diventa iterativa:
- Piero leggeva il giornale.
L'imperfetto, quale tempo verbale di aspetto imperfettivo, contiene in sè il carattere centrale di indeterminatezza. Conseguentemente, gli avverbiali indicanti durata delimitata non sono compatibili con questo tempo verbale; non possiamo, infatti dire:
- Il gruppo di pellegrini marciava per due ore.
Uno degli usi che si è maggiormente diffuso, soprattutto a livello di linguaggio giornalistico e burocratico, è quello del cosiddetto imperfetto 'narrativo, caratteristico delle lingue romanze:
- L'incidente si verificava all'incrocio tra le due vie. I feriti venivano prontamente soccorsi dai passanti, mentre le forze dell'ordine accorrevano sul posto.
Esso esisteva già nell'italiano antico e rappresenta una rivitalizzazione di una possibilità strutturale già in uso nel passato. Infatti, l'opposizione aspettiva fra il passato remoto e l'imperfetto nei secc. XIII, XIV e XV è tale che l'uno esprimeva la perfettività e l'altro la durata senza considerazioni di limiti:
- Egli era moria in Firenze grande e ben toccò a' detti nostri antichi.
Tale opposizione genera all'interno del testo un contrasto tra uno sfondo ed un primo piano, dove "...in una narrazione l'imparfait segnala lo sfondo (...) e il passé simple il primo piano..." (1). In particolare, il locutore decide di usare il perfetto per fornire un'informazione precisa e puntuale, e l'imperfetto per le informazioni meno rilevanti.


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