In questo articolo parlerò del linguaggio giornalistico in ambito pugilistico, con alcuni riferimenti alla traduzione del commento televisivo dall’inglese all’italiano.
Il grande seguito di questo sport negli USA è tale che gli incontri di rilievo mondiale riescono a catturare decine di milioni di spettatori televisivi, con una copertura televisiva che è spesso esclusiva delle pay per view. Questo quadro dorato della boxe statunitense si contrappone ad una situazione opposta che riguarda l’Italia, dove questa disciplina ha sempre meno spazio in TV. Avendo assistito a molti incontri trasmessi dalle emittenti americane, ho cercato di analizzarne il linguaggio specifico, il quale attinge ad un glossario composto da termini appartenenti sia alla sfera tecnico sportiva sia a quella del commento sportivo. Lo studio nasce dalla passione per questo sport, ma anche dall'interesse per il modo in cui lo sport stesso viene raccontato, riuscendo a trasformare una disciplina sportiva, in argomento di serio dibattito e di grande attrazione popolare.
Tecnica e fantasia
La traduzione in questo ambito deve considerare in primo luogo l’esistenza di termini più strettamente pugilistici, ovvero quelli relativi alle regole, ai colpi, alle categorie di peso, alla tattica. Nella categoria dei colpi vi sono termini pugilistici che definirei"inamovibili", non interpretabili liberamente, qualche esempio: “upper cut” (montante), hook (gancio), to the sides, (ai fianchi).
In altri casi, i colpi hanno nomi di fantasia giornalistica che invece sono traducibili più liberamente: sunday Punch (colpo da ko/colpo decisivo), Shoe Shin (colpo leggero/colpetto).
Come possiamo facilmente constatare, nella lingua italiana è presente una certa influenza del linguaggio pugilistico, che ricorre nella lingua d’uso quotidiano ma anche nel giornalismo non sportivo. Eccone alcune:
"Lavorare ai fianchi": agire a stretto rapporto su qualcuno per indurlo a comportarsi secondo la propria volontà.
"Alzare la guardia": agire per difesa da qualcosa da cui si è minacciati.
"Prestare il fianco all'opposizione": esporsi all'attacco dell'opposizione.
"Mettere ko la concorrenza": vincere la concorrenza.
"Vincere ai punti le elezioni": vincere le elezioni con un risultato di misura.
Alcuni fenomeni linguistici
Come avviene in generale nei linguaggi giornalistici, anche nella boxe accade che i termini di uso comune, estranei allo sport, vengano impiegati dal giornalismo sportivo cambiandone il significato, eseguendo dunque una rideterminazione dei vocaboli, i quali appunto si arricchiscono di nuove accezioni. Ne è un esempio la frase“to dig the body”, letteralmente“scavare il corpo”, ma che si traduce con“insistere al corpo”. Si usa per descrivere l’azione insistente di un pugile che colpisce le parti basse dell'avversario.
Questo linguaggio si alimenta di vocaboli che servano a disegnare con efficacia l'identità particolare dei pugili per accrescerne l’interesse tecnico tattico ed il loro singolare modo di interpretare le sfide. Per fare questo si ricorre anche ad espressioni metaforiche: "essere una tempesta" ,“essere un toro scatenato”, “essere un diesel”. Esse descrivono le qualità come generosità, forza, resistenza, insieme a tante altre caratteristiche attraverso cui gli appassionati possono eleggere il proprio modello e schierarsi dall’una o dall’altra parte.
Un altro fenomeno interessante è l’uso di alcuni termini che hanno un’accezione pugilistica che spesso non è presente tra quelle proposte dai comuni dizionari, ma che invece sono consolidate nel linguaggio pugilistico. Tra questi, la parola“brawler” ovvero“attaccabrighe”, ma che nel linguaggio della boxe si traduce con“picchiatore”, un termine che identifica un modello di pugile che combatte sempre all'attacco e con poco tatticismo.
Le fonti da tradurre
All'interno di un evento pugilistico televisivo le fonti da tradurre sono molteplici: la voce dell'annunciatore ufficiale, il commento del cronista, il commento tecnico, fornito spesso da un ex pugile o da un ex allenatore, il dialogo tra allenatore e pugile negli intervalli, le interviste a fine incontro. Ognuna di queste si caratterizza per un linguaggio peculiare e per difficoltà di comprensione legate spesso a fattori come la diversa nazionalità, l’uso frequente dello slang, come avviene spesso all’angolo tecnico, il lessico settoriale del commentatore, le non rare difficoltà di comunicazione di ex pugili colpiti da malattie tipiche di tale sport. Ad essi si aggiunge il clamore del pubblico e la concitazione della cronaca.
I nomi dei protagonisti
I nomi dei pugili, sono spesso costruiti ad arte, con una struttura triplice, composta da nome-soprannome-cognome, come in "John, the beast, Mugabi" "Oscar, the golden boy, De la Hoya"; questi pseudonimi non vanno tradotti, ma considerati per il loro valore descrittivo, perché forniscono informazioni sulla personalità e sull'immagine che essi vogliono trasmettere di sè. In esso c’è anche una funzione promozionale , un nome troppo corto, infatti, avrebbe un minore appeal.
Perché tradurre gli incontri di boxe?
Nell'ambito del lavoro giornalistico, la traduzione degli incontri pugilistici trasmessi in tv rappresenta una fonte di informazione rilevante per realizzare articoli, biografie, documentari ed altri prodotti editoriali, attraverso il sottotitolaggio o la trascrizione nella lingua desiderata. Inoltre, gli stessi giornalisti possono nutrire interesse nello studio e nell’adozione di espressioni linguistiche che riescano a descrivere in modo innovativo tale disciplina sportiva.